La Cataratta, spiegata bene

È l’intervento più frequente e più antico, ma non per questo ha smesso di evolvere e aggiornarsi. Qui una breve guida per orientarsi con sicurezza e consapevolezza tra nuove tecniche chirurgiche e lenti di ultima generazione
A cura del dott. Domenico Schiano Lomoriello, Responsabile Unità Operativa “Segmento anteriore con annessi oculari” Fondazione G.B. Bietti
Quando si esegue l’intervento
Il cristallino è una lente posta tra l’iride e il corpo vitreo nella parte anteriore dell’occhio: un disco di fibre connettive orientate in modo tale da garantire sia elasticità che trasparenza.
Con l’età le fibre tendono a perdere prima l’elasticità e, successivamente, la trasparenza. In questo caso il cristallino diventa opaco precludendo la vista. Si può arrivare addirittura a cecità, reversibile, della quale la cataratta è la principale causa al mondo.
È un processo fisiologico. Non accade a tutti, ma la maggior parte delle persone, invecchiando, andranno incontro a cataratta. Per chi soffre di diabete è più probabile che avvenga e con maggiore precocità.
Etimologia
La parola è di origine greca, significa ‘cascata’ e associa il velo opaco che ‘scende’ sul cristallino alla perdita impenetrabile di trasparenza che caratterizza le acque tumultuose.
L’intervento: le origini
L’azione chirurgica sulla cataratta era praticata sia dagli egizi che dagli antichi romani come dimostrano i dettagliati resoconti forniti da autori come Celso e Galeno (fonte: Treccani).
La tecnica antica consisteva nello spostare con uno strumento puntiforme il cristallino verso la parte posteriore dell’occhio, ‘liberando’ la vista alla pupilla. Un intervento rudimentale ma efficace che è rimasto sostanzialmente invariato fino al 1880.
L’intervento oggi
Quello di cataratta è, attualmente, l’intervento più eseguito in Europa (fonte Eurostat) con oltre 600mila casi all’anno in Italia.
Il GOLD STANDARD è la tecnica della facoemulsificazione: un intervento che prevede di effettuare una piccola incisione manuale di circa 2mm nella cornea praticata a becco di flauto per favorire la fusione dei due lembi senza bisogno di punti. Attraverso questa incisione si pratica un’apertura circolare della capsula che contiene il cristallino. Qundi si inserisce una punta ad ultrasuoni che vibra ad alte frequenze. La vibrazione – che spesso viene definita ‘ad ultrasuoni’ – frammenta (emulsiona) il cristallino, facilitandone l’asportazione mediante aspirazione. A questo punto è possibile concludere la terza fase dell’intervento: l’inserimento di una lente intraoculare (IOL), ovvero di un cristallino artificiale. Questa lente – pieghevole, spessa 2mm e in materiale acrilico – permette il recupero visivo ed è tarata sui parametri biometrici dell’occhio del paziente.
Complicanze
Nessun intervento chirurgico è scevro da rischi e l’intervento di cataratta non fa eccezione. Sebbene il tasso di successo sia altissimo, tra il 95 e il 97 per cento, circa il tre per cento di interventi è caratterizzato da complicanze, delle quali bisogna tener conto e sulle quali le persone assistite devono essere informate.
Ecco un breve elenco delle principali complicanze:
- La complicanza più frequente è legata alla rottura, nel corso dell’ intervento, della capsula posteriore sulla quale poggia il cristallino. La rottura capsulare può comportare la ‘caduta’ nella camera vitrea di frammenti di cristallino e può richiedere un intervento di vitrectomia.
- Anche in presenza di un intervento di cataratta eseguito a regola d’arte aumenta la probabilità di distacco di retina (inaspettato e senza causa apparente) o edema maculare.
- Può insorgere una cheratopatia bollosa post operatoria che rende necessario un trapianto lamellare di cornea.
Le ultime innovazioni
Nel corso del decennio si sono avute due sostanziali innovazioni: l’intervento assistito dal Femtolaser e la disponibilità di lenti premium.
Da ricordare
- IL LASER AL FEMTOSECONDO E LE LENTI PREMIUM NON RENDONO IN NESSUN MODO L’INTERVENTO DI CATARATTA PIÙ SICURO
- NON È VERO CHE UNA LENTE PIÙ RECENTE SIA AUTOMATICAMENTE LA MIGLIORE PER TUTTI I PAZIENTI. DIPENDE DALLA PERSONA
Capiamo perché:
L’intervento con il laser al femtosecondo non sostituisce interamente l’intervento classico di facoemulsificazione. La differenza è nel taglio della capsula e nella frammentazione del cristallino che vengono operati dal laser invece che, rispettivamente, dal taglio manuale e dalla vibrazione della punta ad ultrasuoni. Gli altri stadi dell’intervento di cataratta, la facoemulsificazione del cristallino frammentato, l’aspirazione delle masse corticali e l’inserimento del cristallino artificiale – rimangono invariati sia nell’intervento femtolaser assistito che in quello classico. Nonostante l’eccezionale numero di interventi effettuato con entrambe le tecniche, nessuno studio ha mai confermato che l’impiego del laser riduca le percentuali di rischio rispetto alla facoemulsificazione ‘classica’. Le due tecniche o la combinazione delle due possono considerarsi, finora, equivalenti in termini di sicurezza e di prevenzione delle complicanze.
La differenza principale tra lenti monofocali classiche e le lenti premium di ultima generazione è invece costituita dalla possibilità di queste ultime di correggere contemporaneamente più difetti visivi.
Abbiamo, quindi, lenti toriche, che correggono l’astigmatismo corneale e lenti a più fuochi (bifocali, trifocali, multifocali o lenti a fuoco elongato) che consentono un recupero visivo sia ‘da vicino’ che ‘da lontano’. Queste ultime permettono di ridurre o eliminare la dipendenza del paziente dagli occhiali da lettura.
Le lenti premium rappresentano una grande innovazione tecnologica, ma attenzione! non sono scevre da effetti collaterali, – ad esempio fastidiosi aloni notturni – che possono portare alla necessità di rimuovere la lente stessa e impiantarne un’altra monofocale. Ci sono, infatti, dei criteri che vanno seguiti perché non per tutti i pazienti la lente premium è indicata. L’indicazione all’ impianto della lente premium va individuata mediante un attento esame preoperatorio del paziente.
Alla fine, perciò, la decisione su quale lente sia meglio impiantare in ciascun paziente deve nascere nel confronto tra l’oculista e il suo assistito. Non c’è una lente migliore per tutti i pazienti ma la scelta per ciascun individuo va compiuta su indicazione del chirurgo oculista allo scopo di ottenere un recupero visivo soddisfacente scevro di effetti collaterali ed un conseguente miglioramento della qualità della vita.